Il Ruolo delle Donne nel mondo accademico (tratto dal nuovo libro "A brief Essay on Gender Equality")

di Maria Pompò

 

Introduzione

In tutte l’economie mondiali l’uguaglianza tra uomo e donna è un  diritto essenziale.  Grazie alla parità vengono riconosciuti alle donne e uomini le stesse opportunità e la stessa libertà. Il discorso non va trattato in modo approssimativo,poiché non si tratta solo di migliorare il loro benessere, ma riconoscere alle donne un ruolo attivo nella società. Questo aspetto  era già presente nel lontano 1792, nel libro Rivendicazioni dei diritti delle donne di Mary Wollstonecraft. Dunque, le donne non vanno considerate solo per il  loro “malessere”[1] e privazioni,che comunque rimangono problemi fondamentali di giustizia sociale[2]. Dare priorità al ruolo attivo delle donne significa  prendere in esame più aspetti eterogenei:  il malessere femminile,  le loro priorità culturali, in sintesi, eliminare ogni sorta di iniquità. Pertanto, considerare il loro ruolo nel mercato del lavoro, la capacità di percepire uno stipendio, di acculturarsi,  di possedere delle proprietà, avere un ruolo al difuori  del proprio nucleo famigliare significa  potere ed autonomia, ovvero emancipazione sociale, che permette di individuare le deprivazioni.

 

Quello che le Statistiche  dicono sulle diseguaglianze di genere

L’uguaglianza tra uomo e donna è un diritto fondamentale, riconosciuto all’interno dell’Unione Europea, con la finalità di contribuire alla crescita economica e all’occupazione. A riguardo la Commissione Europea  si è prefissati i seguenti obiettivi:

eliminare ogni forma “stereotipo di genere” per quanto riguarda l’istruzione, poiché spesso  le donne svolgono lavori meno remunerati[3] e meno valutati.. Pertanto la Commissione cerca di promuovere una certa sensibilizzazione nel mondo della scuola ad intraprendere percorsi formativi non tradizionali.

Cercare di favorire la partecipazione delle donne alla scienza e alla tecnologia per migliorare il know-how ed essere più competitivi in termini  di ricerca scientifica.. Dunque si cerca di facilitare l’accesso delle donne nella carriera scientifica. Il gruppo è stato rivisto

Per perseguire questi obiettivi la Commissione ha istituito il Gruppo di Helsinki[4], che si è posto come priorità affermare uguaglianza di genere nel mondo scientifico. Il gruppo svolge un lavoro anche di natura statistica poiché elabora dati di genere che servono per le pubblicazioni in “ She Figures”; i dati riguardano gli studenti, personale accademico, risorse umane che operano nei settori della scienza e tecnologia. Tali dati vengono forniti, per l’Italia, dal Ministero dell’Istruzione , dell’Università e della Ricerca e Istat.

In base a questo focus svolto dal Gruppo di Helsinki, per esempio emerge che in Italia le donne nel mondo universitario rappresentano il 50% della popolazione di riferimento, ovvero   la distribuzione delle studentesse risulta pari a:

 

56,2% degli iscritti ai corsi di laurea;

59,2% del totale dei laureati;

51,4% degli iscritti ai corsi di dottorato;

52,4% del totale di dottori di ricerca.

 

Riguardo invece l’accesso alla carriera accademica risulta

 50,6% per i titolari di assegni di ricerca;

45,9% per i ricercatori universitari;

35,6% per i professori associati;

21,4% per i professori ordinari.[5]

 

Le studentesse iscritte ai corsi di laurea, nell’anno accademico 2014/2015,

rappresentano complessivamente il 56% del totale La concentrazione maggiore delle donne risulta nelle aree delle “Scienze Umanistiche” con circa il  75% del totale e,

per le“Scienze Sociali” con il 61% del totale,. La presenza delle donne diminuisce nell’aree di carattere più scientifico o tecnico raggiungendo il livello più basso nell’area di“Ingegneria e Tecnologia” con il  31%. (Ministero dell’Istruzione , dell’Università e della Ricerca e Istat., 2016).

Riguardo la  distribuzione delle laureate [6], emerge che la presenza delle donne per i vari ambiti disciplinari è poco equilibrata. Infatti le donne laureate raggiungono il 77% nell’area delle “Scienze Umanistiche” mentre,nell’area delle “Scienze Mediche” raggiungono il 66% e nell’area di  “Ingegneria e Tecnologia”il 34%. La presenza delle donne risulta più massiccia nei corsi di dottorato. Infatti, le dottorande rappresentano il 51% e, le donne  che hanno conseguito il titolo sono il 53%. Nell’aree “Scienze Mediche” le dottorande rappresentano 65% e quelle che hanno conseguito il titolo sono il 66% .Per le aree Umanistiche le dottorande raggiungono il  60%  e le  dottorate il  63%. Nell’area “Ingegneria e Tecnologia” i numeri diventano piccoli : le dottorande rappresentano il 34%, mentre le dottorate il 35%.

 Per quanto riguarda l’Unione Europea si può osservare che circa il 46% degli iscritti al dottorato è donna, di cui solo il 34% iscritte  all’are tecnico – scientifica. E’ evidente che in Italia la presenza delle donne nei corsi di dottorato è maggiore che nel resto dell’Unione[7].

Riguardo la presenza delle  donne tra il personale docente esse rappresentano il  40% del totale, la percentuale raggiunge per i professori ordinari il 21% (Miur,2014).

Secondo i dati Eurostat, nel 2013, la percentuale di donne impegnate

nell’attività di ricerca universitaria rappresenta circa il 45%. La percentuale in Italia è  più alta della media europea collocandosi al 48%, segue la Spagna con il 44,5%, Germania con il 44,3%, il Regno Unito  con il 44%. Fanalino di coda la Francia con il 35,4% .

Il numero delle donne è più alto per quanto riguarda i titolari di assegni di ricerca , dove la percentuale raggiunge il 43% con un età intorno a 35 anni. Mentre il numero diventa più basso man mano che si sale nella scala gerarchica, dove troviamo solo il 30 % di donne con un ‘età superiore ai 55 anni, di cui solo il 10% professore ordinario e il 12% associato.

Il personale docente si concentra per il 49,5%  nell’area“Scienze Umanistiche”, mentre   afferisce all’area “Ingegneria e Tecnologia ”  il 26%.  Anche nel mondo accademico le donne presenti nei livelli più alti della scala gerarchica sono un numero esiguo.

 

Perché le economiste  nell’università sono una minoranza?

La Società Italiana degli Economisti (SIE) nel 2016 ha svolto un indagine di genere per il periodo 2014-2016, che analizza gli elementi che possono condizionare l’ingresso e l’avanzamento  di carriera nel mondo universitario.

Dall’indagine risulta che le dottorate in economia rappresentano il 51,4% del totale dei dottori di ricerca in economia , dunque risulta chiaramente una presenza maggiore di donne.(Cineca-Miur, 2014).

Per quanto riguarda il personale docente universitario, le economiste accademiche rappresentano solo il 36, 1% del totale degli economisti di ruolo nelle università Italiane( Cineca -Miur, 2016)[8].

Disaggregando i dati si evidenzia che solo il 17, 4% degli ordinari sono donne, il 38,5% associati ed il 44,1% ricercatori confermati. La struttura è piramidale con poche donne al vertice. Mentre, per gli uomini la struttura  gerarchica è ad imbuto: gli ordinari rappresentano il 36,8%, gli associati il 35,4% ed i ricercatori solo il 27,7%. I dati confermano la scarsa presenza delle donne nel mondo accademico. Infatti, a conferma di ciò si può osservare che non vi è nessuna donna, con meno di 40anni, tra i professori ordinari, mentre solo il 22,7% degli ordinari ha un età compresa tra 40-50 anni ed il 34,5% gli ordinari con età superiore a 50 anni.

Facendo riferimento all’età mediana, per le donne ordinarie l’età mediana è di 58 anni, per gli uomini 55 anni[9].

Il sistema accademico italiano si caratterizza per una forte presenza delle donne nella fascia dei ricercatori. Se si prende in esame la coorte di età comprese tra i 40-50 anni i ricercatori di ruolo rappresentano la percentuale del 48,8%.

Altro aspetto preso in esame dalla ricerca della SIE è la presenza di un Mentor  nella propria  vita accademica. Le economiste di prima fascia hanno avuto un Mentor in percentuale maggiore rispetto ai colleghi uomini . Tra gli ordinari uomini il 63,9% dichiara di essere stato sostenuto nella carriera da un Mentor , il 60,5% tra gli associati e il 63,2% tra i ricercatori. Le donne ordinarie che hanno dichiarato di essere sostenute da un Mentor sono il 62, 9%, il 51,2% le associate e 65,0% le ricercatrici.  Per quanto riguarda l’attività di mentoring [10] viene svolta soprattutto dalle ricercatrici, con una percentuale oltre il 70%, mentre per gli uomini la percentuale rimane intorno al 55%( SIE, 2016)

Le economiste, inoltre, sono più presenti nelle reti internazionali, in progetti di ricerca internazionali. In base al Jel code  internazionale i  principali temi di ricerca trattati sia dagli uomini che dalle donna sono: microeconomia, teoria della crescita, innovazione e tecnologia. Più donne si occupano di economia pubblica ,sanità , istruzione, welfare. Mentre si occupano più gli uomini di storia del pensiero economico, macroeconomia, economia monetaria, economia finanziaria (Tab.1). Gli uomini riescono a pubblicare più delle donne. Il numero mediano di 3, 6 pubblicazioni l’anno in riviste con referaggio, le donne 2 e 1, 5 pubblicazioni l’anno. Questo  si spiega perchè il 53% delle donne svolgono anche  il lavoro domestico nella propria famiglia, mentre solo 16 ,3% degli uomini sono impegnati nella famiglia. Tutto questo ha un ruolo negativo nella progressione di carriera. Anche le discriminazione e le difficolta vedono più coinvolte le donne che gli uomini il 49, 2% delle donne dichiara di essere stata discriminata e di aver incontrato difficoltà nella propria carriera, solo il 16 ,3% degli uomini dichiara di essere stato discriminato. L’indagine condotta dalla SIE ci conferma che nel mondo accademico esiste una differenza  marcata tra uomo e donna. Infatti,l’accesso alle posizioni apicali e limitato a poche donne: Il valore mediano per le donne è 1,9% per gli uomini 3,9% (SIE, 2016) tutti appartengono alla coorte degli anziani , non vi nessun giovane né uomo né donna che ricopre incarichi in commissioni, dirige dipartimenti ed altri incarichi istituzionali. Si conferma l’effetto soffitto di cristallo.

 

 

La fotografia emersa dall’indagine della SIE  viene confermata   guardando, ad esempio, alla carriera  dell’economista  Vera Cao Pinna, che rientra tra le 120 donne economiste, che dal 1817 hanno contribuito allo sviluppo della materia [11]. Vera Cao Pinna ha avuto un ruolo di primo piano nella programmazione economica dell’Italia. Era conosciuta  a livello internazionale per i suoi studi sulle tavole imput-output di Leontief; presentando, nel 1965, nel Congresso mondiale della Società  di Econometria un modello dell’economia italiana. La Vera Cao Pinna, prediligeva nella sua analisi il medio e lungo termine e riteneva che la struttura economica del sistema economico può cambiare. Diresse  il Centro di studi e Piani Economici dal 1965 al 1975; dal 1976 al 1986 l’Istituto per gli Studi di Informatica e sistemi. Socia fondatrice dell’Association Scientiphique Européenne la prevision Economique a Long termen(ASEPELT). Pur avendo ricoperto questi ruoli importanti , non divenne mai ordinario. Nel 1955vinse, all’età di 46 anni, il concorso per  l’abilitazione alla libera docenza[12] in statistica economica, insegnò a partire dal 1956, nella Facoltà di economia e commercio della “Sapienza”, dove si era anche laureata. Dedicò tutta la vita all’università e alla ricerca[13], ma non gli fu riconosciuto il merito dovuto proprio perché donna  e forse, come fece notare lei stessa, si trovò sola dopo la scomparsa del Professore Nicefaro suo Mentor.

 

Conclusioni

 L’articolo è una descrizione del ruolo delle donne nel mondo accademico. Si è dato spazio soprattutto ai dati statistici, per avere una fotografia di come si evolve la presenza delle economiste italiane nel mondo accademico. Si tratta, dunque, di un’analisi di genere  basata su una banca dati per valutare quali sono gli elementi che incidono sull’avanzamento di carriera, ma anche sulla selezione delle economiste. I limiti riscontrati non riguardano solo I’ltalia, ma sono comuni a tutti i Paesi dell’Unione. Si tratta di una realtà più generalizzata. Facendo un confronto, ad esempio, co il Regno Unito le donne in prima fascia di docenza rappresentano il 14, 1%, mentre nella fascia intermedia il 26, 1% e nella fascia più bassa della carriera il 59,8%(SIE, 2016) . Questi dati ci devono far rifletter sulla necessità di allargare la partecipazione delle donne in tutte le attività economiche, quindi, non solo nel mondo accademico. Modificare un assetto sociale, che riserva, oggi, più spazio e potere agli uomini. E’ evidente, che una partecipazione attiva, dà alle donne la possibilità di un reddito, ma anche una maggiore indipendenza; questo significa benefeci sociali per la collettività. La partecipazione femminile nella vita economica, insieme alla riduzione delle discriminazioni, che vede coinvolte molte donne ancora oggi, deve essere visto come un elemento di cambiamento sociale.

 



[1] Il termine si deve ad Amartya Sen.

[2] A titolo di esempio ricordiamo a riguardo, l’alto tasso di mortalità femminile nei Paesi in via di sviluppo, dovuto ad una disuguaglianza nella distribuzione delle cure mediche, che sono a favore, soprattutto, degli uomini.

[3] Le retribuzioni delle donne sono circa il 16% in meno  della retribuzione degli uomini.

[4] In questo gruppo partecipano i rappresentanti deli Stati membri e dei Paesi interessati all’uguaglianza tra uomo e donna.

[5] I dati si riferiscono al 2014. Il Focus è stato presentato nel 2016 Fonte: Ministero dell’Istruzione , dell’Università e della Ricerca e Istat.

[6]Il periodo di riferimento 2014.

[7] In questo caso i dati si riferiscono al 2012.

[8] Cineca – Miur 1/9/2016 i  dati  si riferiscono all’are 13.

[9] Dai dati risulta, inoltre, che non vi sono molte donne che svolgono ruoli direttivi e tanto meno nelle commissioni di valutazione.

[10] Attività di supporto alle scelte dei più giovani.

[11] La classifica  è presente in  “A Biographical  Dictionary of Women Economists

[12] Libero docente figura presente fino al 1970. Si era abilitati ad insegnare una determinata disciplina.

[13] Non si sposerà mai visse con la madre e la sorella.

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